Islanda, Polonia, Danimarca, Germania 2017.
89 minuti.
Difficili rapporti con il vicinato rischiano di compromettere la tranquillità di una famiglia con insormontabili problemi di gestione. Agnes e Atli sono coppia giovane con bambina. La relazione dà segni di stanchezza e si rompe quando Agnes sorprende il marito guardare un video in cui fa sesso con la sua ex. Sbattuto fuori di casa, Atli torna a vivere con i genitori, nella loro villetta con giardino. Ma sotto quell’albero, che sconfina nella proprietà dei vicini, c’è un lutto che pesa e un equilibrio apparente che è sul punto di scoppiare, con devastanti conseguenze. Commedia nera o tragedia intrisa d’ironia, comunque lo si voglia etichettare, ‘Under the Tree’ è un film che arriva
esattamente dove vuole arrivare, seguendo un’escalation drammatica che il contesto urbano islandese, algido e trattenuto, finisce volontariamente per esasperare. La serietà di chi è coinvolto nella farsa è una delle principali premesse alla riuscita dell’effetto comico e il film di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson gioca esattamente su questo principio. Si ride amaro, o forse il riso non affiora veramente alle labbra, ma è lì, sottotraccia, pronto a rincarare la dose, pronto a suggellare, nel finale, la beffa dell’assurdo, la tragicommedia dell’animale sociale. Nella civile Islanda, infatti, dove alzare la voce o parcheggiare fuori posto è un comportamento irrazionale, non c’è spazio per l’irrompere dell’emotività, lo scalpitare dei nervi sotto pressione appare subito violenza, disturbo psichico, occasione per cui chiamare la polizia. Semplicemente non c’è posto per una contravvenzione all’obbligo dell’armonia sociale; non è quello il luogo, come la riunione di condominio (una delle scene clou) non è il luogo per spostare il discorso sul personale: non si può usare la discussione sulle fogne per parlare di divorzio, è scorretto, al di là dell’urgenza intrinseca della materia. Innescata dal fastidio che l’ombra di un albero getta sull’angolo verde di una coppia di
mezza età (e il paradosso è già dietro l’angolo, perché quanto sole potrà mai esserci, e quanto spesso, in quel di Reykjavik, per generare un’ombra?) la guerra tra vicini di casa è scheletro narrativo e pretesto riuscito di un film che non si esaurisce, però, soltanto in un racconto ben orchestrato. Attraverso il peso affidato al fuoricampo, occupato dal corpo mancante del fratello del protagonista, che si è fatto nel tempo dubbio, tarlo, vera e propria prospettiva deviata, Sigurðsson parla di cinema e legge il mondo con la lente del cinema, ricordandoci ad ogni istante che la nostra è sempre e soltanto una visione delle cose.
Tratta dal sito www.mymovies.it