Gran Bretagna, Francia, Italia, Belgio, Spagna, 2010
109 minuti
La Route Irish del titolo originale è generalmente considerata dai militari la strada più pericolosa del mondo, perché collega l’Aeroporto Internazionale di Baghdad con la zona verde, sorvegliata dalle forze di coalizione statunitense ed europea. In quel breve tratto di strada si è registrato un numero tristemente elevato di attentati dinamitardi, imboscate, attacchi di kamikaze contro militari e civili in transito. Da questo infernale tratto di strada parte la storia de L’altra verità, ma per non tornarci mai più.
Il punto di vista scelto per parlare delle violenze e degli abusi dei militari nel conflitto iracheno è quello di un contractor, un moderno mercenario, che viene posto in una condizione di forzata impotenza. Bloccato in Inghilterra a causa di un problema di passaporto, il nostro si improvvisa detective per scoprire le ragioni della morte del suo migliore amico e soprattutto stanare chi vuole occultare tutta la faccenda. Questa frizione tra l’indole militare ormai interiorizzata dal protagonista e un contesto in cui tutti sembrano voler passare oltre, o risolvere la questione con metodi molto più sottili, rende l’idea della prospettiva straniante che pervade tutto il film. Tutti i personaggi sono in qualche modo fuori posto, in un luogo o in un ruolo sbagliati, e più di tutti lo è il protagonista, mercenario in un paese di pace, amante della donna del suo migliore amico, in un altro paese piuttosto che in Iraq dove sembrano accadere tutti gli eventi che contano davvero (Enrico Sacchi, in www.cinefile.biz).
“Chiamiamo le cose con il proprio nome: la guerra in Iraq è un crimine. Una cosa illegale, una guerra portata avanti nel nome dell’avarizia”, dice Ken Loach.
“La guerra in Iraq è un qualcosa che io e il mio sceneggiatore Paul Laverty volevamo trattare da tempo, ma dovevamo prima trovare un modo per raccontarla – ha detto Loach – È così che Paul ha avuto l’idea di creare Fergus, un ex agente delle SAS che ha perso il suo migliore amico in guerra e che è deciso a fare luce sul mistero dietro la sua morte. Nel film ogni suo passo verso la verità corrisponderà ad un passo ulteriore verso l’annullamento totale della sua anima”.
Il regista ha raccontato: “I governi britannici e americani hanno violato le convenzioni di Ginevra, praticando ogni tipo di tortura. E le persone che lo hanno permesso sono proprio Bush e Blair… e oggi l’ex Primo Ministro britannico è ambasciatore di pace in Merioriente! Occorre mostrare all’opinione pubblica i loro crimini”. E a quel punto Laverty rincara la dose, dichiarando: “E’ importante fare i nomi: sto parlando di Dick Cheney, Colin Powell, Condoleeza Rice, Ashcroft… queste persone giustificavano le torture e le definivano ‘interrogazioni tecniche’. Dopodiché si proteggevano dietro i loro avvocati. Devono rispondere delle loro azioni, Obama ha l’obbligo legale di esaminare questi atti criminali proprio perché gli USA dovrebbero rispettare le leggi delle comunità internazionali che loro stessi hanno firmato”.
“Mentre preparavamo il film, abbiamo parlato con iracheni in Giordania e ci hanno raccontato che il conflitto continua sempre a peggiorare di giorno in giorno. Vendetta su vendetta senza fine. La verità è che gli USA non permetteranno mai uno stato indipendente, ci sarà sempre controllo sul territorio da parte loro” […] “Gli schermi non ci appartengono più. Tutto è monopolizzato dai blockbuster americani. Ma se c’è una cosa che davvero mi disturba sono tutti quei film di Hollywood incentrati sulla guerra in Iraq che ritraggono i soldati americani come le vere vittime. E che dire dei milioni di iracheni colpiti da questa tragedia? Non ne parla mai nessuno”.