Italia, Cina 1999
90 minuti
Diciassette anni addietro. Tao Lan e Yu Xiaoqin sono due sorellastre dal carattere molto diverso ma con alcune cose in comune: una piccola camera da letto e il desiderio di lasciare quanto prima la turbolenta atmosfera familiare. Yu ruba al padre i pochi soldi destinati alla spesa e fa ricadere la colpa su Tao che, non potendo provare la propria innocenza, diventa la vergogna della madre. Più tardi, in un vicolo, Tao chiede spiegazioni a Yu, la quale però continua a mostrarsi indifferente. Tao, fuori di sé, la colpisce alla testa con una canna di bambù. Yu muore, la madre e il patrigno sono ammutoliti dal dolore e dallo shock. Diciassette anni dopo. Insieme ad altre detenute, Tao riceve un permesso per andare a passare a casa le feste di fine anno. Mentre le altre trovano subito i familiari ad accoglierle, Tao è sola. Chen Jie, una secondina, si offre di accompagnarla: la vecchia casa è stata demolita, Pechino è cambiata, nei nuovi quartieri sono state trasferite molte famiglie. Mentre attraversano le strade, Tao capisce di essere del tutto estranea alla nuova realtà della città. E’ sera tardi, quando arrivano all’appartamento dei genitori. L’impatto è difficilissimo, il dolore non è scomparso. La presenza di Chen Jie, donna in divisa, diventa fondamentale per rompere la barriera di diffidenza e creare le premesse per un timido riavvicinamento tra la ragazza e la sua famiglia.
Un film ricco di silenzi, di sentimenti ed emozioni da intuire, cinese che più cinese non si può. Sfida persino il concetto di giustizia e di verità, una verità chiara per il telespettatore, ma che verrà umilmente celata al padre per quel “rispetto” ritenuto prioritario come valore, al di sopra della verità stessa.
Un concetto di perdono “culturalmente ambientato” nella società cinese le cui durezze si mostrano in modo crudo, lasciando comunque qualche spiraglio a iniezioni di umanità al di là delle regole rigide.
(recensione del socio Alberto Terzi)