Edizioni: Salani
2010
pagine 98
da: I Fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij
traduzione di Serena Vitale
con una riflessione di Gherardo Colombo: Il peso della libertà
Millecinquecento anni dopo la sua morte, a Siviglia, Cristo torna sulla terra.
Cammina per le strade della città spagnola dove, alla presenza di tutti i cittadini, il cardinale Grande Inquisitore sta consegnando al rogo un centinaio di eretici.
Il suo arrivo è silenzioso, eppure il popolo lo riconosce, lo circonda, è pronto a seguirlo. Ma in quel momento il Grande Inquisitore attraversa la piazza, si ferma a guardare la folla, incupito. Poi ordina alle sue guardie di catturare Cristo e rinchiuderlo in prigione. Nell’oscurità del carcere, il vecchio e potente ministro della Chiesa pronuncia contro il Messia un fortissimo atto d’accusa, condannandolo a morte.
In questo episodio dei Fratelli Karamazov, il romanzo da molti considerato il suo capolavoro, Fëdor Dostoevskij afferma il proprio pensiero filosofico-religioso: la libertà dell’essere umano si basa su una fede senza dogmi e miracoli, senza gerarchie e autorità, contrapposta alla dottrina che in nome di un mandato superiore e indiscutibile sottrae agli uomini la consapevolezza di sé e il libero arbitrio.
Sulla straordinaria attualità di questa riflessione si incentra il saggio di Gherardo Colombo: la massima sofferenza dell’uomo sta infatti in questa contraddizione, vivere diviso tra il desiderio di una tutela che lo sollevi dal tormento del decidere e l’aspirazione alla libertà individuale.
Un conflitto che coinvolge tutti i popoli, in tutte le epoche, più che mai cruciale nella modernità.